Ci viene assegnato un
ruolo fin da piccoli.
Se sei femmina ti devi abituare all'apparire
(trucchi e vestitini) e alla cura (della casa e dei bambini), se sei
maschio all'agire (pistole e palloni) e al produrre (le costruzioni,
il meccano) imitando così i propri genitori.
E le famiglie solitamente
tendono a favorire questi modelli, cercando di soffocare sul nascere
ogni inclinazione che esce fuori dai binari prestabiliti. Quindi se a un
bimbo piace la barbie gli si dice che non va bene per lui perché i
maschietti non giocano con le bambole; allo stesso modo la bambina
che preferisce tirare calci ad un pallone piuttosto che giocare a
fare la mamma o la principessa viene etichettata subito come un
maschiaccio e speriamo che crescendo diventi più signorina, e
che vuoi farci ognuno è fatto a modo suo, e
ma le ragazze giocano a pallavolo non a calcio.
Ecco io ci sono cresciuta
con queste frasi, ma per fortuna non ci ho mai dato troppo peso. Ci
hanno provato a farmi sentire strana, ma io ero fiera di esserlo. Mi piaceva giocare sia con le bambole che con i
robot, sia coi pentolini che con le macchine, sia col nastro rosa che
col pallone, sia guardare Heidi che Mazinga. E per me era naturale, non sentivo la necessità di identificarmi in un certo ruolo "da femmina", di sentirmi simile alle altre bambine. Nè tanto meno cercavo a tutti i costi di imitare i maschi. Non dovevo copiare nessuno. Ero io, basta.
Quello che proprio non mi
piaceva fare era la principessa...troppo monotono e banale. Si gioca sempre uguale, arriva il principe azzurro che si innamora di te e ti sposa.
Molto più
divertente fare il supereroe.
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