27 aprile 2014

Ci vuole coraggio

aquila, simbolo di spirito libero e coraggio
Ci vuole tanto coraggio ad essere se stessi.

Credo che nessuno ci riesca veramente, una parte di condizionamento sociale ci sarà sempre, anche nelle persone che appaiono estremamente libere nel pensiero e nell'agire. È molto più facile seguire le strade già segnate da quelli che sono passati prima di noi.
Se sei donna è ancora più difficile, ti è concesso ancora meno sviare da queste strade.

Ci vuole soprattutto tanta pazienza e contare fino a 10 prima di rispondere male alle persone che ti parlano con banalità. Mi è capitato che una persona mi ha preso la mano sinistra e non vedendo la fede mi ha domandato: <Come mai? Ma cosa aspetti? Guarda che per una donna non c'è tanto tempo, l'orologio biologico sta per scadere! Ma almeno un uomo ce l'hai?>.
Ho risposto con un sorriso e con grande diplomazia.
I ritrovi con parenti e amici di vecchia data, magari dopo tanto che non li vedi, sono un esercizio formidabile per imparare l'autocontrollo. Soprattutto, parlo almeno nel mio caso, per non mettere in imbarazzo i propri genitori, che alla fine poveretti non hanno nessuna colpa ad avere una figlia che odia le convenzioni sociali, che è insofferente agli stereotipi di genere e alle frasi fatte.
E allora bisogna allenarsi a trattenere la lingua e non rispondere male, se no ti senti anche dire che sei acida. Come tutte le zitelle, acide. Che poi dico, solo perché non sono sposata cosa ne sai che sono single? Solo perché non racconto a tutti della mia vita privata e non rendo partecipe tutto il parentado (c'è chi presenta fidanzati/e dopo poche settimane) vuol dire che sono da sola?

Ma sì, ma chi se ne frega. Passato il nervoso iniziale, quella fase in cui vorrei mettermi a fare un comizio sociologico-femminista-anti stereotipi mettendo in imbarazzo non solo me ma tutti i presenti, mi ricompongo, torno a fare la diplomatica sorridendo come una deficiente, torno a fare la parte di quella un po' strana, possibile che non ha trovato ancora nessuno? non è che c'è qualcosa che non va?

E va bene così, tanto a me non cambia nulla. Non cambio per gli altri, non cambio per sentirmi più accettata, non cambio per avere una vita più facile. Non sento, per fortuna, la necessità di adeguarmi ad alcun tipo di modello.

17 aprile 2014

Essere una vera donna

Cosa vuol dire essere veramente donna? Ho girato un po' su internet ed ecco il trionfo degli stereotipi sulla femmina perfetta.

C'è da fare una premessa: è uso comune distinguere tra “donna” e “femmina”, nel senso che il termine
femmina è associato più al mondo animale o comunque ad un aspetto esclusivamente anatomico-sessuale. Donna invece ha un'accezione più positiva, implica un senso di evoluzione, civiltà, maturità ed intelligenza.
A me invece piace di più il termine “femmina”, lo trovo più naturale, verace, terreno.

Quindi per esempio la vera donna:

  • ama i fiori
  • ama fare shopping
  • deve essere femminile
  • deve essere moglie ma anche amante ma anche amica
  • deve essere curata, anche dentro casa
  • deve essere sempre depilata se espone il corpo in pubblico
  • deve esser romantica
  • deve essere eterosessuale
  • deve saper cucinare 
  • non deve essere volgare
Il problema è che la femminilità viene intesa come un aspetto esteriore, fisico. Mentre la vera femminilità è interiore, è un insieme di caratteristiche genetiche primordiali che derivano dal fatto che una donna è predisposta per natura a portare dentro di sé la vita, quindi per istinto è più sensibile e attenta ai bisogni altrui, è più delicata e amorevole rispetto ad un maschio. Anche nel mondo animale è così. Per questo preferisco il termine femmina a donna; i nostri aspetti migliori sono quelli naturali e istintivi, non quelli artificiali imposti dalla cultura, non quelli dell'apparire.

Ma la risposta più chiara su cosa voglia dire essere donna è stata data da un uomo: avere un buco in mezzo alle gambe.
Più semplice di così...

Se lo chiedessero a me io risponderei semplicemente... ESSERE LIBERA

7 aprile 2014

Non voglio fare la principessa

Ci viene assegnato un ruolo fin da piccoli. 
Se sei femmina ti devi abituare all'apparire (trucchi e vestitini) e alla cura (della casa e dei bambini), se sei maschio all'agire (pistole e palloni) e al produrre (le costruzioni, il meccano) imitando così i propri genitori.
E le famiglie solitamente tendono a favorire questi modelli, cercando di soffocare sul nascere ogni inclinazione che esce fuori dai binari prestabiliti. Quindi se a un bimbo piace la barbie gli si dice che non va bene per lui perché i maschietti non giocano con le bambole; allo stesso modo la bambina che preferisce tirare calci ad un pallone piuttosto che giocare a fare la mamma o la principessa viene etichettata subito come un maschiaccio e speriamo che crescendo diventi più signorina, e che vuoi farci ognuno è fatto a modo suo, e ma le ragazze giocano a pallavolo non a calcio.

Ecco io ci sono cresciuta con queste frasi, ma per fortuna non ci ho mai dato troppo peso. Ci hanno provato a farmi sentire strana, ma io ero fiera di esserlo. Mi piaceva giocare sia con le bambole che con i robot, sia coi pentolini che con le macchine, sia col nastro rosa che col pallone, sia guardare Heidi che Mazinga. E per me era naturale, non sentivo la necessità di identificarmi in un certo ruolo "da femmina", di sentirmi simile alle altre bambine. Nè tanto meno cercavo a tutti i costi di imitare i maschi. Non dovevo copiare nessuno.  Ero io, basta.

Quello che proprio non mi piaceva fare era la principessa...troppo monotono e banale. Si gioca sempre uguale, arriva il principe azzurro che si innamora di te e ti sposa. 
Molto più divertente fare il supereroe.

2 aprile 2014

O bianco o nero

In questa società non ci possono essere vie di mezzo. Una cosa o è bianca o è nera. Si ha la necessità di etichettare e definire sempre tutto, perché l'indefinito ci mette a disagio.

E allora se una donna gioca a calcio o fa box, se va in motocicletta, se indossa sempre i pantaloni e poco le gonne, se non ha portamento, se mette sempre le scarpe da ginnastica, come la si definisce? Un maschiaccio....non una donna che segue le sue passioni in maniera spontanea e naturale, non una donna con caratteristiche sue proprie che la rendono unica e la contraddistinguono dagli altri esseri umani, ma un maschiaccio. Viene cioè paragonata al maschio. Una femmina a cui manca qualcosa del proprio genere, che vuole imitare l'altro sesso.

Del resto altri termini nel dizionario non ci sono e allora ci si adegua: o maschiaccio o poco femminile. Non so perché ma entrambi mi danno l'idea di qualcosa di negativo, di poco normale.
Raramente si riesce a parlare di caratteristiche di un “essere umano” ma quasi sempre o di “donna” o di “uomo”. Ogni inclinazione naturale deve per forza appartenere a uno dei due generi.
E quindi ritornano sempre gli stereotipi di genere che ci accompagnano fin dall'infanzia.
 

Girando un po' su internet mi sono imbattuta nella richiesta di aiuto di una mamma disperata perché la figlia è un maschiaccio: la frase che mi ha colpito di più è <Finché era bambina pazienza, ma adesso sarebbe tempo di diventare un poco più femminile>.
Quel “sarebbe tempo” racchiude tutto un mondo, è esattamente il motivo per cui ho sentito la necessità di scrivere questo blog.
Le sagge risposte a questa richiesta di consigli? Dai, non è così grave (c'è di peggio nella vita); vedrai che col tempo cambia (ah, meno male, si può guarire); vedrai che appena si innamorerà di un uomo scoprirà la sua femminilità (effettivamente in fin dei conti siamo animali, ostentare femminilità o mascolinità equivale al pavone maschio che fa la ruota o allo scimpanzé femmina che si fa diventare rosa il sedere quando è in calore); appena capirà cambierà da sola (ma capire cosa?); ma almeno nei gusti sessuali è femminile? (giusta preoccupazione, maschiaccio e lesbica assieme, povera mamma).
Ma la risposta migliore è questa: <vedrai che il tempo la farà maturare>.
Propongo un esame di maturità obbligatorio per tutte le femmine, da farsi a circa 20 anni: trucco e parrucco, camminata coi tacchi, abbigliamento giorno e notte.

Ah, a chi interessasse, ho scoperto QUI un vademecum per come diventare un perfetto maschiaccio (sì perché non è un'inclinazione naturale, ma può capitare di svegliarsi una mattina e decidere di diventarlo).

Ognuno tragga le sue conclusioni...lo stereotipo nello stereotipo.
Da oggi comincio ad esercitarmi nella gara di rutti, per non essere da meno...